I demoni di Günther Domenig - Giornale dell'Architettura

2022-07-01 19:45:40 By : Ms. Ondar Sports

Edizione mensile cartacea: 2002-2014. Edizione digitale: dal 2015.  Iscrizione al Tribunale di Torino n. 10213 del 24/09/2020 - ISSN 2284-1369 Fondatore: Carlo Olmo.  Direttore: Luca Gibello.  Redazione: Cristiana Chiorino, Luigi Bartolomei, Milena Farina, Laura Milan, Arianna Panarella, Michele Roda, Veronica Rodenigo, Ubaldo Spina.

Written by: Gianluca e Laura Frediani • 14 Giugno 2022• Mosaico Professione e Formazione

KLAGENFURT-GRAZ (AUSTRIA). Appassionato, aggressivo, ribelle… questi sono i tratti caratteristici di Günther Domenig, enfant terrible dell’architettura austriaca, del quale quest’anno si celebra in pompa magna il decennale della scomparsa. A inizio giugno si è infatti inaugurato, sotto il titolo “Dimensional”, l’ampio programma d’iniziative e visite guidate alle sue architetture. Tanto demonizzato in vita quanto onorato da morto, Domenig avrebbe senz’altro apprezzato la performance di danza “Habitat”, di Doris Uhlich, che ha accompagnato la visita inaugurale della sua Steinhaus a Steindorf (Carinzia), provocando scandalo e l’intervento imbarazzato della polizia locale a causa delle scene di nudità.

Nato nel 1934 a Klagenfurt da un padre magistrato, compromesso col nazismo, Domenig si laurea alla Technische Universität di Graz di cui diviene professore nel 1980. In quegli anni partecipa alla fondazione della cosiddetta “Scuola di Graz”, circolo di architetti avanguardisti che anima il dibattito dell’architettura austriaca per diversi anni. La Scuola accoglie, sotto il suo ampio mantello, progettisti di diverse età, accomunati da un linguaggio basato sulle forme dinamiche dell’allora nascente decostruttivismo. Molti degli architetti di questo gruppo sono suoi studenti, colleghi o assistenti universitari.

Domenig guarda all’architettura come una forma di utopia radicale e cerca costantemente, nei suoi progetti, di oltrepassare i limiti ed infrangere le consuetudini. I suoi primi lavori con Eilfried Huth, negli anni sessanta e settanta, sono caratterizzati da una forte vicinanza al brutalismo e allo strutturalismo. Fra gli altri, ricordiamo l’Accademia cattolica di Graz (1964), la chiesa di Oberwart (1969) e il Padiglione nella piscina olimpica a Monaco di Baviera (1972).

Interrotto il sodalizio con Huth, Domenig si lancia in una serie di progetti che producono inquietanti icone, sospese a metà strada fra espressionismo e sculturalismo: la bizzarra sala multifunzionale biomorfa per le suore francescane di Eggenberg-Graz (1972), e l’ancor più stravagante filiale bancaria della Zentralsparkasse nella Favoritenstrasse a Vienna (1979), la cui facciata di lamiera accartocciata lo mette al centro di furiose polemiche. Se gli ambienti viennesi lo respingono duramente, egli concentra la sua attività a Graz con Hermann Eisenköck, con cui fonda nel 1998, assieme ad Herfried Peyker, lo studio Architektur Consult. Il lavoro a più mani lo conduce in una fase più professionistica nella quale, non a caso, si contano numerose opere realizzate: la Fundermax a St.Veit/Glan (1987), il ponte sulla Mur a Graz (1991), l’edificio ReSoWi per l’Università tecnica di Graz (1996), la sede della Kärntner Landesausstellung a Heft (1993), l’ampliamento del teatro comunale di Klagenfurt (1998). Infine, i due lavori forse più prestigiosi della sua carriera, il Centro di documentazione al Reichsparteitagsgelände di Norimberga (1998) e il complesso di uffici del T-Center a Vienna (2004).

Senza trascurare, naturalmente, la citata Steinhaus, la dimora-rifugio sulle rive del lago di Ossiach, iniziata nel 1982 e rimasta parzialmente incompiuta. In questo curioso edificio, metà roccia metà astronave, Domenig insegue l’espressione compiuta della sua opera di architettura. Si ispira a forme naturali alpine ricoprendo lastre inclinate di calcestruzzo con lamiere scintillanti in acciaio inox. Sembra voler costruire, ancora vivente, una sorta di abitazione-mausoleo per se stesso. La Steinhaus ben documenta, per questo motivo, la forza e il limite del suo lavoro: da un lato la sua convizione nell’autonomia formale dell’architettura, dall’altro l’equivoco che lo porta a sconfinare nell’opera d’arte totale, mescolando scultura e costruzione.

Il risultato finale è contradditorio e incerto. La ricerca ossessiva del capolavoro dirompente e provocatorio lo spinge ad esplorare settori estranei all’architettura e a cadere nel tranello di un vuoto formalismo, così autoreferenziale da diventare incomprensibile.

Accade così che la parte migliore del suo lascito sia identificabile, dal punto di vista teorico, nella battaglia condotta a testa bassa contro il provincialismo culturale e, dal punto di vista architettonico, nelle opere primissime e in quelle tarde, realizzate a più mani, dove il tormentato dinamismo delle sue figure si placa nel compromesso con le necessità tecniche e professionali. Ecco perché anche l’ultimo dei grandi lavori cui partecipa, gli uffici del T-Center a Vienna, ci appare oggi come la sua realizzazione più convincente ed equilibrata.

Immagine di copertina: Sala multifunzione a Eggenberg-Graz 1972, © Wikipedia)

“Dimensional” resta aperta fino al 16 ottobre, nelle diverse sedi: Museum Moderner Kunst Kärnten Architektur Haus Kärnten DOMENIG STEINHAUS Heft/Hüttenberg Di particolare interesse è la mostra presso il Museum Moderner Kunst Kärnten (Klagenfurt), curata da Christine Wetzlinger-Grundnig, che presenta la figura di Günther Domenig in relazione alla situazione artistica e culturale del suo tempo

Gianluca Frediani è architetto e docente universitario. Vive lavora e insegna fra Italia e Austria. Dopo la laurea a Napoli, ha conseguito il Dottorato di ricerca presso l’Università “La Sapienza” di Roma (1992) e presso la TU di Vienna (1996). Dal 1993 insegna Progettazione architettonica presso l’Università di Ferrara, dove ha fondato il centro ricerche ARCDES. Nel 2002 ha conseguito la libera docenza universitaria presso la TU di Graz, dove ha insegnato per diversi anni e dove oggi figura fra i docenti dell’Institut für Stadt und Baugeschichte. È autore di articoli, saggi e monografie su diversi temi della progettazione architettonica e urbana, con una particolare attenzione rivolta ai temi della riqualificazione urbana. Laura Frediani studia architettura presso la TU di Vienna e la ETSAM di Madrid. Nel 2017 ha vinto il Pfann-Ohmann-Preis con un progetto di trasformazione urbana per il centro storico della capitale austriaca. Ha partecipato a numerosi workshop internazionali di progettazione e collabora con alcune riviste di architettura. I suoi interessi si focalizzano sulle intersezioni fra architettura, arte e fotografia

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